La storia di una giovane coppia, surreale ma pienamente possibile

di Gianluca BERNARDINI

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Se fosse possibile realmente materializzare ciò che sogniamo? Parte forse anche da questa domanda l’ultimo film della coppia Jonathan Dayton e Valerie Faris, dopo il grande successo di pubblico dello spassosissimo «Little Miss Sunshine». «Ruby Sparks» (Zoe Kazan, la stessa sceneggiatrice) ovvero il «rubino che scintilla», è il sogno del giovane scrittore prodigio Calvin Weir-Fields (Paul Dano, compagno nella vita della Kazan) che improvvisamente si fa realtà. Bloccato sulla pagina bianca, deluso dall’amore, Calvin si trova improvvisamente tra le braccia la donna dei suoi «sogni» che è riuscita miracolosamente a ispirare il soggetto per il suo nuovo romanzo. Bella, brava, accondiscendente Ruby è la fidanzata perfetta che, nonostante lo spavento iniziale, conquista immediatamente il cuore del suo stesso «creatore» e pure dell’intero parentado, compreso il nuovo compagno (Antonio Banderas) dell’originalissima madre (Annette Bening). Solo il fratello Harry (Chris Messina) la vorrebbe un po’ più «formosa», visto che Ruby «risponde» bene alla scrittura di Calvin. Mentre tutto procede alla meraviglia, inspiegabilmente (?), la realtà sovrasta il sogno e la stessa brava e buona Ruby riconquista, poco per volta, la propria libertà di creatura. Ispirato al «Pigmalione» di George Bernard Shaw, se non prima ancora allo stesso Ovidio, il film riesce bene nel suo intento. Come una vera e propria romantic comedy, dal sapore pure un po’ amaro, «Ruby Sparks» conquista per la sua semplicità e delicatezza con cui rende una storia «surreale» pienamente possibile. Sono, infatti, presenti tutti i temi di una giovane coppia alle prese con le prime armi dell’innamoramento: tra gli slanci del momento e gli scontri del confronto. Se da una parte Calvin, da uomo, vuole svolgere il proprio ruolo creativo e direttivo nei confronti del suo soggetto, specialmente quando quest’ultimo non corrisponde ai suoi desideri, dall’altro egli si rende perfettamente conto che non potrà mai «possedere» in tutto e per tutto la «sua» Ruby, poiché in amore infatti non vince mai chi è più forte, ma solo chi si fida. Se ci sono voluti sei anni prima che la coppia di registi arrivasse di nuovo in sala con un buon racconto, allora tutto questo tempo di attesa non è stato inutile. E se, come diceva il Pascoli, «il sogno è l’infinita ombra del vero», «Ruby Sparks» sembra dargli pienamente ragione.