L’amore per la vita che profuma delle note 'del tempo che fu'

di Gianluca BERNARDINI

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Già in sala da più di una settimana, il film di Dustin Hoffman, che lo vede settantacinquenne per la prima volta alla regia, è davvero una deliziosa sorpresa. Senza nessuna pretesa stilistica e senza troppe sbavature il grande attore americano mette in scena una vera e propria commedia che arriva a toccare il cuore, nonché a portare una ventata di speranza anche in chi ha passato già diversi lustri.

Tratto dall’omonima pièce teatrale di Ronald Harwood, ispirata a sua volta alla famosa casa di riposo per musicisti Giuseppe Verdi di Milano, «Quartet» mette in scena l’allegra vita di un ospizio per anziani provenienti dal mondo della musica e del canto, ritiratisi nella campagna londinese nella bella e georgiana Beecham House. Vispi, gioiosi e sempre indaffarati essi vivono i giorni della loro vita, votata al tramonto, in maniera spensierata. Contro «l’unica alternativa di fare gli ospiti al crematorio», si preparano a mettere in scena ogni anno, in occasione del genetliaco verdiano, un galà che possa aiutare a mantenere aperta la loro deliziosa dimora. Nasce così l’idea di ricomporre il famoso «quartetto», quando improvvisamente giunge come «nuova ospite» la celeberrima cantante lirica Jean Horton (Maggie Smith) che un tempo, dopo aver deluso il collega ed ex marito Reggie (Tom Courtenay), tentò con successo la carriera da solista. Insieme allo spumeggiante e dongiovanni Wilfred (Billy Connolly) e la svampita Cecily (Pauline Collins), diretti da uno stravagante direttore artistico (Michael Gambon), il gruppo a fatica si ricompone, dopo varie peripezie, per ricantare il Rigoletto. Seppur la storia è piuttosto prevedibile, fin dal suo inizio, Hoffman riesce a mettere in scena la complessità della vecchiaia (drammi compresi, anche se solo accennati) e del suo tramonto con il sorriso sulle labbra. C’è amore per la musica (della lirica italiana) in questo piccolo film, ma soprattutto c’è amore per la vita (l’idea di mettere come comparse alcuni artisti del passato la dice lunga). Quella vita che profuma delle note «del tempo che fu», quelle stesse che ora risuonano la medesima partitura, ma con un’aria diversa. Aveva ragione, perciò, Maurice Chevalier, attore e cantante francese, quando affermava: «La vecchiaia non è così male se considerate l’alternativa».