di Gianluca BERNARDINI

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È possibile provare emozioni vere, come l’amore, per persone che nella realtà non esistono? O addirittura per un sistema operativo informatico («l’Os1 è più una coscienza») con il controllo vocale, capace di captare quello che pensi, credi, desideri? Magari anche simpatico, di nome Samantha (voce di Micaela Ramazzotti, l’originale è della più suadente Scarlett Johansson)? È questa la domanda che forse più affascina e angoscia Theodore (il talentuoso Joaquin Phoenix), protagonista di «Lei» (Her) di Spike Jonze, Oscar per la miglior sceneggiatura originale. Ambientato in un probabile futuro non molto lontano, in una Los Angeles dalle tinte pastello, ordinata e pulita, ma abitata da tanti asociali (quello che è possibile vedere già ora viaggiando sui mezzi di una grande città, ma qui amplificato all’ennesima potenza) che vivono tutti digitalizzati, in palazzi con vista mozzafiato, il loro tempo (con tanto di ritorno alla moda, questa volta anni Venti) e il loro destino. Uomini e donne, come lui e l’amica Amy (Amy Adams), che non rinunciano a porsi le domande di sempre sull’esistere e soprattutto sull’amore, sofferto, ferito e tanto agognato. Possono i sistemi operativi sostituire una persona, «incarnarsi», fino a darti quelle stesse emozioni, se non addirittura migliori di chi ti ha abbandonato e lasciato solo con il tuo mal d’amore, senza mai poter essere veramente «corpo»? Dramma, e passione, che si gioca tra ciò che è vero (i ricordi) e verosimile (il presente?). Dove tutto è possibile pensare nei confronti della tecnica e della tecnologia ai tempi del web 2.0, tranne che, questa, non possa arrivare a toccare le corde sensibili del cuore fino a rendere visivamente reali e veritieri (non solo sullo schermo) il pianto, il sorriso, il dolore, la passione, la nostalgia (il potere della «fiction»). Complice la colonna sonora degli Arcade Fire che danno quel giusto tocco malinconico ad una performance complessiva di indiscutibile livello. Una vera e propria riflessione filosofica e antropologica futurista (ma anche no), con al centro però l’anima. Forse per questo «Lei» o meglio «Her» ci risulta così vicino e tanto umano(a).

Temi: amore, solitudine, tecnologia, futuro, relazioni, virtuale-reale.