di Gianluca BERNARDINI

La mèlodie

«Non sono capaci di stare fermi trenta secondi. Se non vogliono imparare, non devono restare». Così si esprime il maestro violinista, in un momento di disperazione, con il direttore della scuola media in una delle periferie di Parigi. Approdato lì per poco lavoro e disilluso, Simon Daoud (Kad Merad), viene inserito in un gruppo di allievi problematici che sembrano voler far di tutto tranne che imparare a suonare. Grazie, però, ad un alunno particolarmente motivato, Arnold (Alfred Renely), che viene inserito solo in un secondo momento nella classe, Simon non si arrende alle provocazioni e procede nel suo intento: portare i preadolescenti ad esibirsi per il saggio finale presso la Filarmonica di Parigi. Un progetto ambizioso che non solo diventa il leitmotiv del film «La mélodie», presentato all’ultimo Festival di Venezia e ora nelle sale, ma anche un omaggio alla vita e all’arte del regista Rachid Hami, che ha ritrovato molto della propria infanzia nella storia di questi protagonisti. Un racconto altamente formativo e «sociale» che, prendendo spunto dal programma parigino «Démos», cerca, attraverso un percorso di educazione musicale e orchestrale, di dare un tocco di speranza a giovani purtroppo segnati dal contesto di disagio in cui vivono. Con uno stile asciutto il cineasta di origine algerina, arriva in maniera sobria e incisiva a sfiorare le corde del cuore con una storia di formazione che, grazie all’interpretazione credibile e convincente dei ragazzi (in certi momenti con assonanze vere e proprie con «La classe» di Laurent Cantet e «Les choristes» di Christophe Barratier), acquista di spessore nonché di valore. Un vero omaggio, poi, anche alla musica, quella classica soprattutto, non più confinata solamente ad una categoria sociale snob e d’élite. Da vedere, magari, insieme a coloro che ancora devono trovare la propria passione o vocazione.

Temi: ragazzi, formazione, scuola, musica, passione, vocazione, disagio, periferie, riscatto, gruppo, famiglia, amicizia.