di Gianluca BERNARDINI

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Ci sono film validi che non conosce quasi nessuno, che vedono in pochi, che fanno fatica ad arrivare nelle sale, che le leggi di mercato non sempre premiano, che quasi non hanno «voce», che meritano, invece, di essere promossi e conosciuti. Tra questi «Io sono Mateusz» (in polacco il titolo suona più o meno così: «Vuole vivere») di Maciej Pieprzyca, un piccolo film polacco, tratto da una storia vera, che, dopo essere stato super premiato nel proprio Paese e aver vinto altri diversi premi in festival in giro per il mondo, è giunto in Italia diverse settimane fa quasi in sordina e che quasi nessuno ha visto. Film così, dunque, meritano di essere «rincorsi» non solo perché portatori di buoni valori, ma perché tinti di un’umanità e una grazia che rendono omaggio non solo al cinema e all’arte in genere, ma alla vita stessa. Una vita che a Mateusz è riconosciuta solo a metà in quanto considerato dalla scienza «un vegetale». Gravemente disabile, con alle spalle una diagnosi di una paralisi con ritardo mentale, Mateusz (Kamil Tkacz prima e Dawid Ogrodnik poi, sensazionale e già notato nel film premio Oscar «Ida») vive nella Polonia degli anni Ottanta in una famiglia che se da una parte gli vuole bene (bellissima la figura del padre), non ha gli strumenti per capire (come la sorella), sorreggere e venire in aiuto ad un ragazzo che non ha il dono della parola, ma ha cuore, mente, sentimenti e anima. Dopo la morte del padre e la malattia della madre la famiglia decide di mandarlo in un istituto per disabili. Per Mateusz quelli saranno gli anni più sofferti e terribili che lo porteranno, ormai in età adulta, a una nuova rinascita, quando grazie all’aiuto di una volontaria (un angelo) scoprirà il sistema per poter finalmente comunicare e dire realmente chi è. Il film si gioca molto sugli «sguardi» che sanno parlare, anche se privi di parole, e sanno far rivivere quelle emozioni che resterebbero per lo più nascoste se non vi fossero gli stessi occhi di Mateusz e la sua determinazione a renderle visibili. Senza sconti e senza eccedere nella retorica o nel pietismo, il film profuma di una sana e bella «umanità» che non solo commuove ma mette addosso la voglia di vivere, quella stessa che Mateusz «grida» attraverso la sua disarmante presenza.

 

Temi: disabilità, pregiudizio, perseveranza, famiglia, solidarietà, speranza, vita.