di Gianluca BERNARDINI

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Presentato al Festival di Cannes del 2015 arriva ora nelle sale l’ultimo film di Jia Zhang-Ke (Leone d’oro a Venezia per «Still Life» nel 2006) «Al di là delle montagne». Un film che ha avuto una lunga gestazione, a partire da alcune immagini girate già dal 2001. Una storia sul rapporto dei sentimenti con lo scorrere del tempo. Un racconto che si divide in tre parti (passato 1999, presente 2014, futuro 2025), a cui corrispondono i tre formati scelti per l’immagine (classico, panoramico e cinemascope), con tanto di differenziazione di colori e di luce. Ci troviamo a Fenyang, una piccola città della provincia centrale dello Shanxi. Qui vi trascorrono le loro vite tre giovani: la bella Tao (Zhao Tao, moglie e musa del regista), con i suoi due amici, il semplice minatore Liangzi (Jing Dong Liang) e l’ambizioso imprenditore Jinsheng (Yi Zhang). Ambedue si contendono la ragazza. Mentre l’ultimo riuscirà a sposarla e ad avere un figlio da lei, Dollar (il nome scelto la dice assai lunga), il primo si troverà nella vita, malato di cancro e lontano dalla sue origini, a fare i conti con la propria povertà quando nel 2014 sarà costretto a rientrare in città e chiedere aiuto a parenti e amici. Tra questi Tao, ormai ricca e separata, con il figlio lontano da casa. La morte del padre di lei sarà l’occasione di incontro con il suo piccolo che, affidato al marito, conosce l’inglese e frequenta le migliori scuole, ma non la propria lingua e le usanze. Due mondi sempre più separati. Quelli che nel 2025 verranno a confrontarsi, ancora una volta, ma in una terra lontana, l’Australia, dove Dollar è immigrato col padre, ormai solo e infelice, con il quale fa fatica a confrontarsi (per parlarsi devono usare un traduttore digitale). Cosa si è perso e guadagnato in tutto quest’arco temporale? Cosa è accaduto alla fine del sogno e della spensieratezza cinese con cui si cantava «Go West» dei Pet Shop Boys (che non a caso apre e chiude il film)? Zhang-Ke ce lo mostra attraverso questa «parabola» che guarda ai valori delle proprie tradizioni con affetto sincero e che vede essere messe a rischio nel futuro. Un viaggio nel tempo, a tratti pessimista, ma con anche uno sguardo di fiducia su ciò che resta stabile per sempre (i ravioli si preparavano allora e si prepareranno anche nel futuro). Interessate, dunque, il titolo originale del film: «I vecchi amici sono come le montagne e il fiume», ovvero immutabili (si spera) per sempre. Per cinefili.

Temi: valori, tradizione, tempo, relazioni, famiglia, crisi, globalizzazione.