Un po’ “Diavolo che veste Prada”, un po’umana più che umana, Katherine Newbury è al centro di E poi c’è Katherine, nuova commedia brillante diretta da Nisha Ganatra. Sebbene la leggerezza faccia da padrone a questo film che riesce a regalare ore di intrattenimento “pulito”, sono presenti anche alcuni spunti di riflessione che rendono l’opera adatta a un percorso con i giovani che si devono affacciare sul mondo del lavoro o a un film forum “leggero” per adulti. 
Bentrovati nella rubrica “con altri occhi, visioni e provocazioni per animatori di sala”.

Di Gabriele Lingiardi

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Di cosa parla il film?

Katherine (Emma Thompson) è una conduttrice di Late Night arrivata ormai a fine carriera. Odia le donne, o per lo meno così dimostrano i suoi comportamenti (ella si circonda di collaboratori uomini) ed è poco propensa ad accogliere i cambiamenti del mondo. Quando sarà costretta ad assumere Molly (Mindy Kaling già vista in The Office) il suo sguardo cambierà. Molly non è parte dello show business, è prima di tutto una fan della trasmissione che, prima di lavorare per la tv, ha fatto esperienza di alienazione in fabbrica. La reazione chimica tra le due darà origine a uno “shock culturale”.

La fragilità come risorsa.

Viviamo in un’epoca in cui siamo mediaticamente esposti, sotto i riflettori a ciclo continuo (che sia la tv o i social). Riguarda tutti noi. In particolare la protagonista del film sperimenta più volte un conflitto con il suo pubblico. Cosa mostrare di sé? Come fare accettare le proprie debolezze? Katherine, sotto il velo di durezza e dietro al carrierismo assoluto, cela una grande fragilità. È tutt’altro che perfetta, è insicura e senza direzione. L’incontro con un’altra fragilità, quella di Molly, le darà l’occasione di sistemare la sua vita. 

Una storia quasi autobiografica.

Mindy Kaling, che interpreta Molly Patel nel film, è anche la sceneggiatrice e la produttrice dell’opera. L’attrice è nota per avere prodotto e recitato nella sit-com The Office dopo avere rifiutato un ruolo tra gli autori di un celebre Late Night. Una biografia simile a quella del suo personaggio. La prospettiva del racconto è quindi quella di una persona interna al mondo dello spettacolo. Non è difficile credere che molti dei fatti raccontati siano un ingrandimento grottesco di dinamiche presenti nel mondo reale.

Femminismo con ironia.

Un film di donne con più personaggi uomini. Una parabola femminista caratterizzata da una forte ironia, E poi c’è Katherine riesce ad alternare un messaggio importante a un’ironia che stempera il tono predicatorio di molte opere simili.

Con chi identificarsi?

Quando si guarda un film è bello cercare di identificarsi nelle scelte e nelle azioni dei personaggi. E poi c’è Katherine gioca con questo aspetto. Una provocazione da proporre a chi vedrà il film (non è per adolescenti ma per un pubblico già più adulto) è quella di provare a capire con chi sia più facile immedesimarsi. Se infatti inizialmente Molly sembra il personaggio più vicino alla nostra sensibilità di “persone comuni”, verso la fine del film sarà proprio Katherine la più fragile, e quindi la più umana.

Una locandina azzeccata.
Invitiamo a osservare l’immagine della locandina italiana. La composizione è molto semplice, i colori (fucsia e bianco) rimandano immediatamente all’idea di una commedia rosa. È la posizione dei due personaggi che colpisce. L’una è visibilmente infastidita dall’altra che si appoggia sulla sua spalla con sguardo adorante. Quello che sembra un rapporto di dipendenza (Molly dipende da Katherine) si rivela diametralmente opposto. Così è anche la celebrità: la persona più esposta ai riflettori dipende dal suo pubblico, così come il pubblico cerca di attaccarsi, di assomigliare, a ciò che vede.
Una bella riflessione sui media, per un pubblico maturo che ha voglia di leggerezza.