È arrivato sul grande schermo il primo attesissimo film di Downton Abbey, la celebre serie tv anglo-statunitense in costume ideata da Julian Fellowes e ambientata nell’età Edoardiana, agli inizi del 1900, in Inghilterra. Il film è un prodotto di grande intrattenimento, educato ed edulcorato, proponibile a un pubblico vastissimo. Non bisogna essere fan della serie per potere gustare i ritmi morbidi, gli splendidi costumi e l’ironia della sceneggiatura. Eppure, conoscere già il passato dei personaggi (sviluppato in 6 stagioni) aiuta a vincere un certo senso di spaesamento che si avverte nei primi minuti. Forse l'unico vero difetto di queste due ore che si gustano come del buon vino raffinato. Proviamo insieme a proporre alcuni spunti di riflessione per guardare il film “con altri occhi”.

Di Gabriele Lingiardi

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L’eleganza è un affare da duri.

La trama del film si regge su pochi, chiari, elementi che potremmo definire come una “porta” verso questioni più ampie e globali della trama stessa (guerre, rapporti tra stati, vita nel ‘900…). Protagonista è ancora una volta la famiglia Crawley e la servitù che lavora per essa presso la tenuta Downton Abbey nella campagna inglese. Un giorno una notizia rompe la tranquillità della cittadina: re Giorgio V e la sua famiglia reale faranno visita alla dimora.

Fervono i preparativi mentre i dipendenti del re e della Regina riempiono e invdono la tenuta. È una questione di orgoglio per i nobili di Downton Abbey: tutto deve essere perfetto e fatto “alla propria maniera”. Inaccettabile questa ingerenza esterna! È in questo contrasto che risiede gran parte del fascino del film, che riesce a riprendere le azioni più normali (come cucinare o andare a fare la spesa) come se fossero i gesti di un guerriero o uno sportivo che si prepara alla sfida. I piatti, le decorazioni, sono come armi per vincere la battaglia del decoro. La scenografia è un vero e proprio personaggio.

Contatto fisico al minimo

Una curiosità: sebbene tutta la narrazione sia incentrata sui personaggi – e meno male che qualcuno riesce ancora a scrivere bei personaggi, ci viene da dire – il regista ha da poco dichiarato che sul set gli attori non potevano toccarsi. Negli anni ’20 non esistevano infatti gli antibiotici e le malattie contagiose erano molto diffuse. Toccarsi, anche solo sulla spalla, era considerato un gesto da non fare… perché avrebbe rischiato di diffondere terribili malanni!

Maggie Smith “regina” indiscussa.

Viene da dire che tutto il cast sia in splendida forma, non tanto come doti recitative di per sé, ma grazie alla loro capacità di non stonare mai all’interno del tono signorile del film. Eppure Maggie Smith resta il cuore e l’anima di Downton Abbey. Al suo personaggio sono affidati i momenti più toccanti e le battute più graffianti. Grazie alla sua fisicità incarna il tempo che passa, la fatica di un mondo che sta cambiando. Il film è infatti ambientato nel 1927, quanto mai in là con gli anni, rispetto alle puntate tv. Osserviamola, studiamola, il personaggio di Violet brilla quando si avvicina un altro carattere, quando si interseca con le frenetiche storie dei comprimari che lei ascolta, osserva, giudica, e vive.

Dalla tv al grande schermo

Downton Abbey il film è quanto mai un osservato speciale nell’eterno dibattito attorno al rapporto tra cinema e serie tv. Lungi dal segnare la parola fine ai molti esperimenti e ai numerosi contatti tra i due media, questo lungometraggio si configura come una grande festa per tutti gli appassionati, poco di più. Cast e successo commerciale permettendo, immaginiamo non sarà l’unico capitolo cinematografico. Resta forse troppo televisivo il sapore dell’operazione, eppure era da tanto tempo che non vedevamo un film per tutti… così per tutti!