Il 22 novembre uscirà nelle sale italiane l’atteso nuovo film di Edoardo De Angelis: Il vizio della speranza. Un film denso di significato e perfetto per una proposta coraggiosa nelle nostre sale di comunità. Ecco qualche linea guida per aiutare a gustare e apprezzare al meglio il film.

di Gabriele Lingiardi

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Il 22 novembre uscirà nelle sale italiane l’atteso nuovo film di Edoardo De Angelis: Il vizio della speranza. Un film denso di significato e perfetto per una proposta coraggiosa nelle nostre sale di comunità.

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Ma come gustare al meglio questo film? Su cosa soffermarci? Proviamo a dare alcuni spunti di riflessione, per aiutare a guidare il nostro pubblico in quest’opera importante.

Sin dal titolo vengono in mente alcune parole di Papa Francesco che possono fare da linea guida:

«La Speranza non è un ottimismo, non è quella capacità di guardare le cose con buon animo e andare avanti. No, quello è ottimismo, non è speranza. Né la speranza è un atteggiamento positivo davanti alle cose. Quelle persone luminose, positive… Ma questo è buono, eh! Ma non è la speranza. Non è facile capire cosa sia la speranza. Si dice che è la più umile delle tre virtù, perché si nasconde nella vita. La fede si vede, si sente, si sa cosa è. La carità si fa, si sa cosa è. Ma cosa è la speranza? Cosa è questo atteggiamento di speranza? Per avvicinarci un po’, possiamo dire in primo che la speranza è un rischio, è una virtù rischiosa, è una virtù, come dice San Paolo “di un’ardente aspettativa verso la rivelazione del Figlio di Dio”. Non è un’illusione».

Ed ecco quindi che De Angelis, quasi stimolato da queste parole (non ci è dato sapere se le abbia ascoltate, ma sembrano quanto mai adatte alle sue scelte autoriali), ci regala un film importante per il cammino di ognuno, soprattutto in periodo di avvento: una riflessione sul tema della fede e della speranza che tocca la vita di ogni spettatore con forza.

Il film parla chiaro e forte ma, per chi lo desiderasse, abbiamo provato a stilare un piccolo elenco di spunti e suggestioni che possono aiutare alla comprensione del film come opera di valore. Senza pretesa di esaustività, il nostro vuole essere uno stimolo per le sale che intendono proiettare il film introducendolo al pubblico, e per gli spettatori stessi che, prima o dopo la visione, vogliono avvicinarsi all’analisi “testuale”.

Il vizio della speranza ha quello che molto spesso manca ai film italiani: è un film autentico. L’autenticità non è sempre un requisito essenziale per la riuscita di un film. Molti registi di valore trovano la loro forza nella costruzione fittizia e nell’astrazione (Wes Anderson, per dirne uno…). Eppure Il vizio della speranza riesce a utilizzare il sentimento del “vero” per raccontare la sua storia al meglio. I personaggi sembrano vicini a noi, sono plausibili. La messa in scena valorizza il realismo facilitando l’immedesimazione. De Angelis non gioca con i sentimenti, non usa le immagini per dire allo spettatore cosa deve provare, non strappa le lacrime o il riso ma rispetta i sentimenti e lascia che la narrazione entri in chi guarda provocando emozioni diverse sulla base del vissuto di ciascuno. Un film autentico, perché sincero è il proposito che lo muove.

L’ambientazione influenza la storia: il grande cinema è fatto anche di luoghi, non solo di personaggi. E guardando Il vizio della speranza si ha la sensazione che la pellicola non possa essere ambientata in nessun altro luogo oltre a Castel Volturno. Il degrado del territorio si fa specchio della crisi umana al centro della pellicola.

La proposta ideale per una riflessione sull’Avvento: il nome della protagonista, Maria, non è certamente casuale. Ultima tra gli ultimi, abusata, buttata in mare, la ragazza contro ogni previsione (era detta sterile) rimane incinta. La sua è una scelta di vita contro la morte che la circonda, un cammino di speranza che tanto ricorda quello di una moderna Madonna con in grembo un figlio la cui innocenza  sconfiggerà il male del mondo. De Angelis senza eccedere nell’allegoria ci stimola attraverso la scrittura dei personaggi a una riflessione che tocca e attualizza il discorso di fede. Gli ostacoli moderni non sembrano così lontani a quelli affrontati da Maria e Giuseppe.

Il vizio della speranza non è un film edulcorato ma non si compiace della propria durezza. Le vicende al centro dell’opera ci trasportano nei meandri del “cuore di tenebra” della nostra società. Eppure una vicenda così dura viene raccontata senza alcun compiacimento. Anzi, c’è un grande rispetto della sensibilità individuale tanto che possiamo dire che sia veramente un film consigliato a tutti, anche a coloro che non sono abituati al cinema d’essai. La regia coniuga infatti la profondità dei temi trattati con la facilità di visione e un buon ritmo.

La performance degli attori è complessa e stratificata. Non era certo semplice rendere con questa efficacia un mondo in cui così rari sono gli esseri umani. Una società disumanizzata e quindi disumana è costituita da molti personaggi di cui nemmeno i secondari sono rappresentati come macchiette. È un pregio che invitiamo lo spettatore ad apprezzare, frutto della sinergia tra sceneggiatura, regia e attori. Invitiamo a osservare in particolare la concretezza della performance di Pina Turco, protagonista del film.

Questi, e molti altri, sono i temi del film Il vizio della speranza. Ognuno è invitato a trovarne altri e a condividerli con le altre persone nella bellezza della visione collettiva in sala.