Sabato 18 gennaio ore 20.45 e domenica 19 gennaio ore 16.30 andrà in scena al Nuovo Teatro Ariberto di Milano lo spettacolo Mamma Napoli Mood. Testo e Regia: Emiliano De Martino Cast: Emiliano De Martino, Marco De Vincentiis, Valentina Proietto Scipioni. Con l’amichevole partecipazione di Nico Caruccio.

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Va in scena “Mamma Napoli Mood”, un atto d’amore verso la città di Napoli e i suoi figli, la sua cultura e la sua  umanità. Ma è anche un grido, una chiamata alla sensibilità di tutti , a non restare impassibili davanti ai problemi che da sempre feriscono la città partenopea.

Napoli, in questo spettacolo, è raccontata come specchio di povertà di valori morali e sociali che, però, accomunano tutte le grandi metropoli, dove troppe volte l’unico possibilità di sopravvivenza è uniformarsi, farsi massificare, se non addirittura delinquere. Quando, invece, dovremmo, ora più che mai (visti i molti che bussano alla nostra porta), essere portatori di equità e solidarietà sociale; essere coloro che realizzano un modello di sviluppo fondato sulla dignità della persona. Ecco allora che Napoli è l’emblema di tante anime, apparentemente molto diverse tra loro, che vanno a formare il mosaico umano attraverso il quale filtrano i vari colori di una città contesa tra il dolce e l’amaro, la luce e l’oscurità, il bene e il male.

Fra commedia e dramma, filosofia del vivere, l’omaggio a Salvatore Di Giacomo e l’importante ricordo di una tragedia volutamente dimenticata, Mamma Napoli Mood di Emiliano De Martino è la rappresentazione di quella parte di noi che ancora si commuove per il sorriso di un anziano o di un bambino sporco e maleducato.

La parte di noi che non vuole arrendersi all’ingranaggio stritolante di una società che ingloba e uniforma le diversità.

Un viaggio tra immagini evocate ed emozioni fatte riaffiorare dai quadri rappresentati e le canzoni, edite e inedite, eseguite live con voce, chitarra e percussioni da Marco De Vincentiis, Valentina Proietto Scipioni e Nico Caruccio…

Un viaggio di riflessioni dal ‘900 ai giorni nostri, perché vi sia “una voce per chi voce non ha”.